Mercoledì
Treno Frecciargento Roma-Verona. Non faccio in tempo ad arrivare a Bologna e apprezzare il lusso di non dover fare cambio come al solito che rimaniamo bloccati in galleria per mezzora. C’è un treno guasto davanti a noi. Pur non soffrendo di claustrofobia fisso lo stesso pezzo di muro scuro fuori dal finestrino e penso agli Appennini sopra le nostre teste.
Dopo mezzora ci deviano sul binario che viaggia nel senso opposto. L’ansia da disaster movie di serie B finisce solo quando raggiungiamo Verona e scopriamo che il treno ha maturato un ritardo di oltre un’ora. Se non altro c’è il rimborso.

Giovedì
Mentre Zaia circondato dal solito capannello di bodyguard e personaggi che vogliono comparire nelle foto accanto a lui inaugura la fiera, mi chiedo: ma i manichini all’entrata cosa rappresentano? Siori e siore, venghino venghino, l’arte concettuale è giunta infine al Vinitaly (tanto ormai qualsiasi cosa passa per arte, specie sotto forma di installazione). Intanto tutto freme, si inizia col lavoro. Corro intervisto corro saluto corro intervisto degusto degusto degusto. Incredibile ma vero riesco a fare più del previsto, sarà che le mie visite sono concentrate soprattutto in un padiglione ben preciso, quello del Lazio.

Venerdì
No, ma dico io, Napolitano non se ne poteva rimanere sul suo colle? Produttori innervositi che giustamente vorrebbero entrare all’ora consueta per prepararsi agli incontri della giornata e invece NIET, gli artificieri devono controllare ogni cosa. Transenne a destra e a manca – se non cogli l’attimo pare di stare nel Labirinto Magico dell’infanzia: si chiude il muro davanti a te e per entrare in Sicilia ti tocca aggirare il Veneto, attraversare il Trentino. Thank you so much, Mr President.
La gente si spazientisce. “Signora lì non può andare, torni indietro” fa uno con la faccia da buttafuori di discoteca di periferia. Se non altro sono in piacevole compagnia. Poi finalmente Napolitano passa, saluta ed è più basso di come lo immaginavo. Qualcuno applaude ma dal ritmo con cui battono le mani non capisco se è un “bravo” o un romanesco “datte ‘na mossa, su su.”
Il resto della giornata è tutto positivo e si chiude con l’aperitivo letterario delle frizzanti Donne del Vino del FVG.
Navetta di ritorno in stazione con partenza alle 19: si sta come sardine sull’autobus a Verona. Alcuni passeggeri si sono fatti un bel bagno nel vino e biascicano sempre la stessa battuta che faceva sorridere appena la prima volta. L’autobus è fermo, manca l’aria, fin dove arriva lo sguardo vedo solo uomini seduti. Le donne stanno in piedi. Complimenti.

Sabato
Mi passano davanti le ennesime signorine del Prosecco da discoteca: hostess alte un metro e novanta, tessuti spessi un micrometro e tacchi da quindici centimetri, alti quanto le minigonne che hanno indosso. Sbadigliano imbronciate mentre passeggiano tra gli stand e mi chiedo se tutta quella noia possa migliorare l’immagine del vino che “hanno addosso” ma poi mi viene da ridere – di sicuro sono l’unica che si è soffermata più di tanto sulla faccia.
Tavola rotonda dedicata ai “vinini” e nel pieno spirito del tema una volta tanto al Vinitaly si beve più che degustare. Tante belle facce, aggiungo un volto a qualche penna.
Dopo pranzo approfitto di un passaggio e faccio una gita a Vino Vino Vino a Cerea. Bella l’accoppiata vini naturali e fabbrica di concime. Atmosfera da vero contro-Vinitaly: anche se i visitatori magari sono in parte gli stessi, sembra che la gente sia diversa. Piacevoli le scoperte vulcaniche e balcaniche. Rientro a Verona nel pieno dell’ingorgo di fine fiera. Poter andare a passo d’uomo è un’utopia, un’allucinazione in questo formicaio in fermo immagine. Scendo dall’auto con cui sono rientrata e vado a piedi: venticinque minuti a passo spedito e sono in stazione. Io e un tipo con le stampelle che ha fatto il mio stesso percorso ci guardiamo vittoriosi.

Domenica
Mollo il trolley al deposito bagagli e mi chiedo come mai, anche se quest’anno mi sono rifiutata di accettare cataloghi e brochure stampati con carta da 300 gr, il mio bagaglio pesi più di me. Do il meglio di me stessa nel salto del visitatore della domenica che vuole salire sulla navetta: alla prima che arriva sono già a bordo… in braccio all’autista. Un paio di visite per il mio libro e poi alla conferenza su vino, internet e social network. Salvo qualche eccezione mi sembra che che i relatori parlino al rallentatore e intanto penso che è buffo, per non dire altro, che al Vinitaly organizzino questo incontro in una sala senza wifi né copertura del cellulare. Ma del resto il wifi non pare funzioni neppure altrove (e se funziona e non sei giornalista costa 15 euro al giorno) e i blogger, poi, fosse per gli organizzatori della fiera, potrebbero tranquillamente stare fuori dai tornelli a fare la corte ai bagarini. Esco prima della fine e corro intervisto corro saluto corro saluto degusto degusto. Saluto.

E mentre sul treno per Roma mi trovo di nuovo (!) a fissare un pezzo di tunnel in mezzo agli Appennini per quasi un’ora (stavolta non abbastanza per avere il rimborso, questione di 60 secondi) penso che pur non avendo fatto tutto ho fatto molto, che i produttori laziali stanno lavorando sempre meglio e che non basta creare una fanpage di Vinitaly su Facebook per conquistarsi i veri fan.

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