E’ arrivata l’estate col suo caldo inclemente. C’è chi sta partendo, chi partirà a breve. Così a chi è appassionato di vino ma anche di narrativa e magari approfitta delle vacanze per leggere un po’, consiglio questo libro uscito da poco, dal titolo L’irresistibile eredità di Wilberforce. Lo consiglio perché è un romanzo che parla di vino, anzi, parla dell’ossessione per il vino. Ora, premetto che l’autore si è basato sui testi di Parker per fare la sua ricerca, lo faccio soprattutto per i tanti che hanno in antipatia questo wine guru. Non vedrete quindi menzionare neppure un vino italiano, ma solo bordolesi, con rari riferimenti al nuovo mondo, e si inizia anzi con un Petrus. Personalmente mi sento di perdonare senza troppi indugi Paul Torday per aver fatto riferimento solo a Parker – sarà che se non altro abbiamo un romanzo sul vino scritto davvero bene (meglio di un esperto di vini che si fa passare per romanziere, insomma).

Narrazione appassionante, che ti tiene incollato alle pagine man mano che si va a ritroso nel tempo non con il classico flashback ma proprio raccontando la storia dalla fine. Si parte da quando l’ossessione per il vino ha portato il protagonista, Wilberforce, a una condizione di salute irrecuperabile,  scalando di volta in volta di un anno. Se dunque lo conosciamo ormai alcolizzato e quindi egoista e antipatico, tornando indietro nel tempo lo scopriamo davvero, e ci si affeziona a tal punto a lui e a Catherine, di cui si innamora, che ti restano dentro, e un po’ ti chiedi come stanno anche tra una sessione di lettura e l’altra. Il vino, presenza ossessionante nella prima parte, quasi co-protagonista principale si potrebbe dire, diventa gradualmente meno presente, in parallelo alla sua minore presenza nella vita di Wilberforce. Eppure, il peso di quell’irresistibile eredità il lettore partito dalla fine l’ha sempre presente e anzi dà una sfumatura più accesa al vino, arricchisce il bouquet di sensazioni – tanto per restare nella terminologia del vino.

Un romanzo che parla di vino, ma anche di desiderio di accettazione, di normalità, di amicizia e di amore. Con un finale struggente.

Paul Torday, L’irresistibile eredità di Wilberforce, Elliot Edizioni, Roma 2009

4 risposte

  1. Andrea lo so, infatti quando ho letto il tuo commento dovevo ancora iniziarlo e ho pensato “noooooo”. 😛
    Per fortuna però non mi sono fatta influenzare 😉 Comunque, se magari lo si vede unicamente come romanzo sul vino può dispiacere il fatto che, come ho scritto, la presenza del vino diminuisca man mano che andiamo avanti (indietro) nel romanzo ma ciò non toglie che sia un gran bel lavoro a livello narrativo.

    A proposito, non sono d’accordo con Ziliani che ho letto ora -anzi, grazie della segnalazione- e che parla di analessi (dal De Mauro online: TS lett., in un testo narrativo, inserimento di fatti, eventi e sim. anteriori al tempo della narrazione). Qui manca l’inserimento, cioè non si torna indietro per poi ritornare al punto di partenza ma l’intenzione dell’autore è quella di tornare sempre e comunque a ritroso nel tempo. L’analessi invece presuppone un ora-prima-ora. Qui è ora-prima-ancora prima e così via quindi il tempo della narrazione è ribaltato. L’originalità del romanzo sta proprio in questo, altrimenti sarebbe il classico flashback.

    Fra l’altro avevo letto anche Il suono della mia voce di Butlin, che parlava sempre in modo originale – narrazione in seconda persona, l’autore che quindi parla al protagonista – di alcolismo, ma questo, forse perché era alcolismo da vino e non da super alcolici, l’ho sentito più vicino. 😛

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