di Slawka G. Scarso
Negli ultimi anni le iniziative che legano arte e vino sono state innumerevoli. Dalle etichette d’autore utilizzate da numerose aziende, agli eventi che legano vino e musica o vino e arte, alle sponsorizzazioni di eventi artistici tout-cour da parte delle aziende vitivinicole che forniscono i vini per le inaugurazioni… Tutti insomma si sono sbizzarriti per trovare l’ennesimo, nuovo legame tra arte e vino. Il legame indubbiamente esiste, perché arte e vino fanno parte del nostro patrimonio nazionale, ma questo legame assume, a un’attenta analisi, delle connotazioni che vedono i due ambiti intrecciati tra loro e legati a un filo comune, quello del marketing. Questo legame non riguarda tanto il lato della produzione del vino e della creazione dell’opera artistica, quanto quello della distribuzione dello stesso vino e il marketing dei musei e delle arti creative in generale.
Il marketing mix di un museo o di un teatro, e quello di un’enoteca sono infatti piuttosto simili. Il marketing mix di un teatro non si limita a prendere in considerazione il “semplice” spettacolo teatrale, ma include tutti quegli elementi che ruotano attorno a questo, e cioè le modalità di acquisto dei biglietti, la comodità delle poltrone, la cortesia delle mascherine, la possibilità di acquistare bevande nel foyer. La stessa cosa vale per il marketing di un wine bar (per citare un canale di distribuzione), che non si limita a vendere il prodotto “vino”, magari abbinato al prodotto “tagliere di formaggi e salumi tipici”, ma aggiunge a questi prodotti anche l’ambientazione, la musica di sottofondo, i bicchieri utilizzati, la facilità di parcheggio e via dicendo. Il marketing mix della produzione (prodotto, prezzo, promozione e distribuzione) in questi due ambiti si arricchisce quindi di tanti altri elementi che insieme formano l’esperienza del consumatore.
Il “marketing esperienziale” è forse una delle ultime mode, e si basa sul fatto che offrendo un prodotto o servizio al consumatore si offre una vera e propria esperienza. Questa esperienza, è questo il principale fattore di complessità, è per definizione un’esperienza unica.
Ad esempio, quando ascoltiamo una musica, andiamo istintivamente a ripescare dal nostro bagaglio di esperienze. Ascoltare dopo anni una canzone può darci delle emozioni perché ci ricorda un periodo della nostra vita. Lo stesso vale per il vino: quando degustiamo, andiamo a ripescare dal nostro “bagaglio olfattivo” e ricolleghiamo il profumo sentito nel bicchiere con altri profumi sentiti precedentemente, e quindi ri-conosciamo il profumo del vino degustato.
In altre parole, fare marketing del vino (nella distribuzione) o delle arti (in un museo, un teatro o una galleria), vuol dire andare ogni volta a considerare non il prodotto che si sta “distribuendo”, ma il nuovo prodotto, assolutamente unico, che si forma dall’unione tra un’opera d’arte o un vino, e la persona che li ha davanti. Stimolare questo rapporto, magari sfruttando le sinergie che scaturiscono tra arte e vino, diventa pertanto una priorità assoluta per far sì che il consumatore possa avere un’esperienza memorabile, e quindi decida di tornare presso il museo, o, nel caso del vino, presso il wine bar o il ristorante. È proprio questo carattere di unicità in entrambe le aree che fa sì che le sinergie tra arte e vino (quando non sono forzate!) siano invariabilmente votate al successo al punto da destare sempre l’interesse di chi vuole creare “l’ennesimo, nuovo legame tra arte e vino”.
(originariamente pubblicato su Tigulliovino.it)