Foto di Will CroffDa ieri è iniziato il tam-tam relativo al disegno di legge in discussione al Senato che prevede l’istituzione di un ordine dei sommelier. So di ripetere quanto detto già da altri (es) in queste ore ma non resisto: qualcuno sa dirmi a cosa servirà l’ennesimo ordine professionale lobbistico e anacronistico (se non a togliere dalle tasche dei diretti interessati ancora un’altra quota associativa annuale)?

Migliorerà davvero l’immagine del vino italiano? Aiuterà a venderlo? La mia preoccupazione più grande è che l’istituzione di un ordine professionale vada a rafforzare quell’aura altezzosa che tanti consumatori che non sono appassionati e che stanno al di fuori vedono aleggiare attorno a questo mondo. In un momento in cui la comunicazione del vino “dal basso” comincia a prendere piede perché più accessibile – le guide che parlano tanto di tannini cedono il posto ai blogger – mi sembra davvero un modo di far sì che il vino italiano vada a passo di gambero. Tanto per rendere i suoi protagonisti ancora più suscettibili di diventare macchiette televisive.

7 risposte

  1. non ci posso credere, invece di abolire gli ordini, ne fanno di nuovi, e per di piu’ questo!
    Questo benedetto paese, e’ lui che cammina come un gambero. Si salvi chi puo’, gia’ mi vedo pletore di professionisti in tastevin e divisa che mi fanno pagare la tariffa professionale dell’ordine per l’approvazione della DOCG.

  2. Gianpaolo, noto un “leggero” sconforto nel tuo commento…
    Così tento di sdrammatizzare (sempre che ci riesca)… chissà se iscrivendosi all’albo si avrà diritto a uno sconto sulla benzina, così come i giornalisti che hanno la tariffa agevolata sul treno? 😀 Nel caso mi iscrivo anch’io che l’esame all’AIS l’ho già fatto anche se sono 3-4 anni che non pago più la quota associativa 😉

  3. Chi scrive è stato Sommelier attivo in ABruzzo per anni,nonostante la giovane età,Adua Villa mi conosce bene.
    L’argomento mi sta molto a cuore,dato che con l’AIS ho condiviso molto,davvero molto.Sono un fuoriuscito.Come potrete ben comprendere,dove ci sono istituti precostituiti,ci sono molti “baroni” che tarpano le ali a chi ha voglia di fare e conoscenze tali da poterli spodestare.Il mio commento no è diretto a criticare l’AIS,bensì tutt’altro,è grazie al corso che ho fatto tutto il percorso e l’evoluzione che adesso ancora attraverso.
    Anacronistico è il termine adatto che hai trovato,a cosa serve un altro “livello di qualificazione” se davvero già i soli corsi AIS non formano seriamente sommelier?E la stessa AIS è davvero quanto di più “serio” possa creare personale adatto al servizio e alla degustazione del vino che l’Italia possa offrire?
    Una visuale obiettiva e sincera porta a valutare la figura del Sommelier come un fanatico del vino,senza una vera formazione di base poggiante su seri pilastri,enologici,di servizio e di educazione dei sensi.E mi costa molto ammettere ciò,davvero molto.Sò che voi che leggerete questo post siete un pò più avanzati in questo campo,e vi chiedo:un albo è un altra corte baronale alla quale riferirsi,una mancanza,lascia tutto così com’è,libera di creare mostri che scrivono guide pure se fino a 24 anni erano astemi.Cosa fare?La professionalità vera si vede sul campo,ma il “nostro campo” è davvero campato in aria,passatemi il gioco di parole.Chi può sconfessare un fissato che scrive guide e che è capace di comunicare bene “fumo(di vino,o tannini)”?
    Spesso cerco di aiutare la gente a comprendere,e vengo preso immancabilmente per visionario e santone.Allora?
    Il periodo e la forza che aveva il Veronelli,adesso non ci sono più,bisognerebbe vendersi alle strategie di comunicazione,che poi distoglono però dal vero intento del nostro lavoro.
    E’ tutto davvero arduo,ma è certo che l’albo dei Sommelier,se di facciata sembra aiutare le aziende,dalla faccia reale della medaglia,alle stesse aziende nonfa altro che spillare altri euro!
    Il mio era un discorso estemporaneo ma sincero,ma una soluzione seria va trovata,dato che il mercato del vino dl 2006 va a…al tappetoe la crisi nn fa altro che incrementare la decrescita.Serve Personale formato seriamente,non fanatici buoni solo a parlare linguaggi criptici.Bisogna far riavvicinare la gente ad un consumo più umano e reale del vino,per poi prenderli per mano e portarli a conoscere anche livelli superiori di qualità
    Buonanotte da chi vende vino italiano in Germania!

  4. Caro Alfredo, grazie del commento-sfogo anche se è andato un po’ “off-topic”. Una precisazione: per iscriversi all’albo saranno previste anche alternative rispetto all’AIS. Un po’ come per diventare giornalisti, le scuole e le strade saranno più di una. Non ho idea di come organizzeranno davvero la coesistenza di più percorsi formativi e se faranno distinzioni tra una preparazione e l’altra, o come cercheranno di omologare il programma.

    In tutta onestà non trovo niente di male però a degustare a partire dai 24 anni. Potrebbe esserci un ottimo degustatore che scopre il vino a 40, senza avere nulla da invidiare in quanto a capacità di degustazione a sommelier più esperti – se non, di sicuro, l’opportunità di aver degustato più vini.
    Detto ciò, faccio un’ultima precisazione che parte dalla mia esperienza personale: avere il diploma di sommelier non vuol dire saper scrivere di vino! Per carità. Questa è una cosa che ho scoperto editando i testi di sommelier colleghi: ottimi palati, pessime penne. Piuttosto vedo il diploma un po’ come la patente di guida: quando la prendi, anche lì, non è che sai davvero guidare. La capacità di guidare viene con l’esperienza. E ancora di più per questo mi sembra ridicolo che venga introdotto un ordine.

  5. Vorrei analizzare a voce alta con Voi questa notizia.
    Forse non è un male, io sono un produttore, quindi un professionista, con tanto di autorizzazioni sanitarie, della CCIAA e degli enti preposti, Repressione Frodi ecc ecc.
    Forse potrebbe essere giusto, inquadrare anche chi parla di Vino e chi lo propone ai consumatori. Voglio dire, se noi produttori lo facciamo a livello “professionale” non vedo perchè una figura come i sommeliers non debbano essere inquadrati come professionisti, non solo per le autorizzazione a “parlare” di Vino, ma anche per un’eventuale organo di controllo dell’Ordine che ne controllasse l’attività.
    Potrebbe essere questa una chiave di lettura, positiva, della faccenda.

  6. Raffaele, il problema degli ordini è che escludono la valorizzazione delle vere capacità dell’individuo-professionista ma fondano soltanto le basi verso la formazione di altre lobby, feudi e via dicendo.
    E poi scusa, tu parli di controllo dell’attività, ma cosa bisognerebbe fare, radiare dall’albo uno sprovveduto che ha sentito una nota di frutti di bosco in un Vermentino? Scusa la battuta ma è anche per dire che mentre certi controlli li esigo per i medici, ad esempio, che giustamente devono rispondere di quello che fanno, qui davvero dovrebbe valere la legge di mercato: se un sommelier è bravo, lavora. Se non è bravo, no. E, ripeto, ho conosciuto negli ultimi 10 anni persone preparatissime che non avevano mai frequentato un corso…

  7. Non ci sono dubbi. Chiaro è che l’ordine non ti abilita alla bravura, ma a ben guardare, qui un controllo ci vuole, chiamalo ordine o altro, qualcosa, qualcuno che eviti che i sommelier si vestano di grande autorità solo per aver fatto qualche lezioncina in un corso serale.
    Io dico, vuoi fare il sommelier per professione, bene, te ne assumi la resposabilità e ti sottoponi a regole e controlli di organi preposti per legge a farlo.
    Solo questo. Quando ci sono regole certe, vale la democrazia, anche davanti ad un bicchiere di Vino. L’Italia è piena di finti guidici/sommelier che giudicano Vini e che a loro volta, non vengono per la loro presunta professionalità giudicati da nessuno.

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