Dietro i pomodori pelati che mangiamo tutti i giorni, gli ortaggi e le conserve che prendono la via del nord Europa, c’è un mercato del lavoro che va oltre il grigio e il nero dell’evasione: è un mercato fondato su caporalato e schiavitù. Il prezzo in questo mercato non è fatto dall’incrocio tra domanda e offerta, ma imposto dal più potente: dalla grande distribuzione che pretende di avere prodotti a prezzi sempre più bassi, dall’industria agroalimentare che per stare dietro a queste richieste si rifà appoggiandosi ai caporali, magari travestiti da cooperative che portano la manodopera nei campi. Aziende che in alcuni casi vincono pure virtuosi fondi europei e s’imbellettano con progetti di sostenibilità ambientale, e che importa se quella sociale non sanno proprio cosa sia.

È questo il tema di Ghetto Italia, I braccianti stranieri tra caporalato e sfruttamento, libro-reportage di Yvan Sagnet e Leonardo Palmisano pubblicato a ottobre 2015 da Fandango Libri nella collana Documenti (15 euro).

Sagnet e Palmisano hanno attraversato l’Italia, dalla Puglia delle angurie e delle conserve alla Siciliadei pomodorini e delle patate novelle, dalla Calabria delle arance e delle olive alla Campania delle insalate e delle serre, dagli ortaggi dell’Agro Pontino all’uva che finisce per spumeggiare nelFranciacorta o nell’Asti Spumante.

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