Qualche giorno fa si è tenuta a Pisa, nell’ambito dell’Internet Festival e in particolare della sezione HackOrto, una tavola rotonda sul tema della digital wine strategy.
È stata un’occasione di confronto tra chi si occupa di comunicazione e chi invece si occupa di condurre un’azienda ma lo fa con un approccio già innovativo, il tutto moderato da Andrea Gori che ha provveduto con solerzia anche a pubblicare i video degli interventi.

Prima della digital wine strategy serve una wine strategy

Il primo a parlare è stato Pierpaolo Penco, che ha ricordato innanzitutto che prima di parlare di una digital strategy è necessario parlare di strategy tout cour: un’azienda dovrebbe definire degli obiettivi e agire sulla base di quelli – Philip Kotler docet. La percezione che si ha, tra gli addetti ai lavori, è che le aziende si muovano troppo spesso a tentoni, rispondendo a una richiesta ma senza mai riuscire ad anticiparla. Pierpaolo ha poi parlato di come la comunicazione oggi venga fatta dal basso, con contenuti fatti dagli utenti stessi, citando ad esempio anche il caso di Vivino, applicazione per smartphone che permette di arrivare a tutte le notizie (prezzo medio, recensioni di altri utenti ma anche di utenti VIP) su una certa bottiglia semplicemente fotografando l’etichetta.

Gli ingredienti di una buona storia

Il mio intervento ha seguito quello di Pierpaolo. Andrea mi aveva chiesto di citare un po’ di casi interessanti e visto che avevamo solo 10 minuti a disposizione, ho pensato a un modo di collegare il tutto. Da lì è nata dell’idea di parlare di digital wine strategy in termini di storytelling e, partendo dai casi di alcune aziende, di individuare gli ingredienti principali di una buona storia – in questo caso ho sfruttato anche la mia altra metà, quella di narratrice. Ebbene eccoli qui, gli ingredienti di una buona storia:

Le aziende si raccontano

Per finire hanno parlato Stefano Legnani e Marco Caprai, raccontando le loro esperienze molto diverse – viste le dimensioni aziendali – con il web. Stefano Legnani, partito come appassionato che scriveva di vino ha raccontato attraverso i social network l’inizio della sua attività, incluse le sfide burocratiche che doveva affrontare, riuscendo così a creare un legame con i potenziali consumatori prima ancora che il vino fosse prodotto. Nel suo caso il racconto è fatto in prima persona, è lui che pensa a tutto, in vigna come in cantina, e pure alla comunicazione. Diverso il caso di Marco Caprai che invece il racconto dell’azienda lo fa anche attraverso i suoi dipendenti,  spronati a condividere quello che vivono e vedono, e che nel suo intervento è partito dalla sua esperienza di valorizzazione del Sagrantino, condividendo con gli influencer questo percorso di sperimentazione per l’epoca innovativo (erano gli anni dei vitigni internazionali ovunque), e arrivando poi a mezionare i nuovi progetti legati all’internet of things con il progetto delle stazioni meteo nel vigneto per la sostenibilità ambientale.

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