Prendo spunto da un post odierno di Andrea Gori per parlare di un argomento caro un po’ a tutti ma che resta ancora difficile da analizzare a fondo – o meglio, ancora non si è capito se ci si possono fare i soldi o meno – e i più sono per il bicchiere mezzo vuoto della situazione.  Andrea parte da un’affermazione di Robert Beynat (CEO di Vinexpo) che sostiene che “internet non sarà mai più che un circuito marginale delle vendite.” Andrea prosegue poi per fare un confronto tra redditività online del vino e dell’editoria – che pure non sembra riuscire a sfruttare davvero il web per incrementare il fatturato (si pensi agli esempi falliti di mettere contenuti online a pagamento).

Leggendo quanto si dice in giro, mi viene in mente un’operazione offline che era stata fatta credo un paio d’anni fa in Francia, sui treni. Vendevano poco vino, solo in mezze bottiglie. Poi si sono “inventati” il vino servito al bicchiere e hanno duplicato le vendite, senza peraltro cannibalizzare quelle delle mezze bottiglie. In pratica c’era una nicchia di persone che non aspettavano altro che di acquistare vino in mescita ma che non avrebbero preso una mezza bottiglia perché non volevano bere così tanto in viaggio.

Questo per dare un esempio di un’altra nicchia – perché anche se il limite dell’8% fissato da Beynat come massima espansione del canale web è un po’ ridicolo, il web a mio avviso è comunque lontano dal diventare un canale fondamentale – che ha permesso di ottenere grandi risultati.
Qualcuno un paio di settimane fa mi chiedeva via email cosa si può fare in tempo di crisi per il vino. Ho risposto con una provocazione: le crisi servono anche a far emergere i grandi imprenditori, quelli capaci di rialzarsi più velocemente degli altri. Stessa cosa per il vino su internet: non è che non ci sia mercato, e anzi qualcuno potrebbe farci soldi a palate, tutto sta nel trovare il tipo di prodotto, o il servizio relativo al vino, per il quale i consumatori di questa bevanda, che pur sono così presenti online, saranno disposti a pagare. Senza neppure cannibalizzare gli altri canali.

[EDIT]Aggiungo un link a una discussione sullo stesso tema lanciata da Filippo Ronco.

11 risposte

  1. Cara Slawka,

    questo è un argomento che mi sta molto a cuore proprio perché in questi tempi sto ponderando la possibilità di aprire una distribuzione di vino sul web (inizialmente) per poi rafforzarla, eventualmente, con una soluzione offline.

    Dal mio punto di vista la situazione dei siti per la vendita online di vino è, oserei dire, disperata! Io di giorno faccio il programmatore web, perciò mi ritengo piuttosto qualificato ad esprimere un giudizio su questo argomento.

    Ma a questo si può aggiungere che gran parte dei produttori, nelle loro descrizioni delle etichette, hanno un approccio che sottolinea l’esclusività del prodotto o delle qualità difficilmente percepibili (anche solo dal punto di vista del lessico usato!) dal grande pubblico. Il vino dovrebbe essere approcciabile da tutti, in modo semplice, come riesce a fare Matt Skinner.

    Ho diverse idee su come potrei far funzionare la cosa, e forse, essendo la mia una one-man operation, riuscirei a ritagliarmi dei margini più interessanti.

    Il problema più grande è secondo me la spedizione: le spese sono alte per una cassa, figuriamoci per una bottiglia! E chi ha dati sul tema cassa vs. bottiglia per favore li condivida. Quante sono le persone che ordinerebbero una cassa di vino online? Il vino è, per la maggioranza delle persone, una cosa che viene acquistata occasionalmente, in negozi specializzati dove si va avendo in mente un prezzo orientativo e ci si fida perlopiù del consiglio del negoziante. L’esperienza online in questo senso è molto diversa: comprereste un vino che non conoscete e non potete neanche assaggiare online?

  2. Filippo, i buoni consigli sono sempre i benvenuti dalle mie parti 🙂 Hai esperienza diretta di queste cose, sapresti indicarmi pro e contro delle varie strategie? Tieni conto anche che io opererei in un mercato estero, e distribuirei prevalentemente vino italiano.

    Al momento mi sono documentato sulle spedizioni leggendo questo post davvero interessante (soprattutto per i commenti):

    http://www.maisazi.com/2006/09/come-spedire-vino.php

  3. Posso dirti che l’ostacolo maggiore per la vendita online – soprattutto nel caso di vendita di beni (in questo caso pure delicati) è appunto la logistica: a) per i costi troppo alti, b) per le performance troppo basse.

    Ciao, Fil.

  4. Ciao!
    L’argomento è da tempo dibattuto… voi che siete appassionati di vino, “masticate” il web, conoscete tante persone che gravitano in questo mondo… avete mai acquistato una bottiglia in un sito specializzato on line??? 😉
    Logistica, mancanza di un consiglio fidato, problematiche legate comnuque alla qualità del trasporto (purtroppo alla cena di Vinix Unplugged ne ho subito anch’io le conseguenze), fanno sì che non sia così facile approcciare il consumatore, e le idee prolificano, come questa (!) conosciuta tramite un commento sul nostro blog:
    http://www.colonialgifts.co.uk/default.aspx
    Personalmente come produttore, le nostre vendite on line sono legate alla comunicazione diretta, vale a dire alle iniziative nelle quali partecipiamo in prima persona o con “opinion leader” (per esempio ho avuto buoni riscontri con le presentazioni di libri insieme a Michele Marziani). Di solito il problema dei costi di spedizione i nostri clienti lo risolvono facendo gruppo di acquisto con gli amici.
    A presto!

    Mirco

  5. Mirco, io mi considero tra quelle persone che acquistano regolarmente su internet – libri, sia da siti italiani che da Amazon, biglietteria area, altri servizi turistici e via dicendo. Solo una volta di recente ho pensato di acquistare online del vino quando mi è arrivato un buono sconto dopo un acquisto con Amazon e ho pensato di prendere così qualche vino straniero che magari in Italia si trova meno facilmente, tanto per provare. Peccato che il sito inglese non faceva spedizioni oltre Manica. Secondo me finché i costi del trasporto saranno così elevati e non si potrà tirare sul prezzo, sarà difficile che accada qualcosa. Tifo di più per i servizi affini al vino, o i prodotti affini.

  6. Ciao!
    Il capitolo vini stranieri è già diverso ancora… so di alcuni ragazzi del forum rexbibendi che acquistano regolarmente in Australia, ma parliamo di gente che è disposta a spendere anche le centinaia di dollari, quindi super appassionati che alla fine fanno poco business… o forse è la nostra mentalità… vediamo ancora il vino come un prodotto talmente facile da reperire, che ci sembra uno “scempio” acqistarlo su internet… Una scelta davvero carina mi sembra quella di sorgentedelvino.it dove Paolo e Barbara fanno da selezionatori di vini “naturali” o comunque rispondenti alla loro etica, ecco questa potrebbe essere un’idea… un’altra, più legata al business, è quella di Gianpaolo Paglia, che propone tanti tipi di confezioni “prova” diversamente assorti… insomma, tanti si spremono le meningi, vedremo se il tempo e la perseveranza gli darà ragione…

  7. Ho da un paio di anni il negozio online sul mio blog. Le vendite sono occasionali, anche se non sono proprio da buttar via. Il motivo principale per me non era il fatturato, ma rendere il vino disponibile per chi lo vuole e non lo trova, qualche decina di persone l’anno che mi chiedevano dove acquistarlo.
    Il vino ha bisogno di persone per essere venduto, perche’ chi lo compra non e’ un esperto, la scelta e’ troppo ampia e la gente vuole consigli. Inevitabilmente, online, si finisce per vendere il vino a quella fetta di persone molto motivate e abbastanza esperte, che si sentono in grado di fare un acquisto a distanza, che sono sicuramente al di sotto dell’8%, cifra che mi pare ottimista e che sarebbe enorme se rapportata al consumo mondiale.
    La logistica costa, ed e’ ovvio che il costo lo paghi chi compra, ma nel vino in genere i margini ci sono per poter giustificare il costo, posto che sicuramente la vendita online non e’ adeguata per vino molto economici.
    In Italia c’e’ meno l’abitudine di comprare per corrispondenza. In USA e in UK e’ una cosa che avviene da ben prima di internet, eppure anche li’ il vino si vende poco (in USA anche per via di leggi assurde che ostacolano le vendite da uno stato all’altro), pero’ un po’ si vende.

  8. Ha ragione Slawka quando dice che le crisi servono anche a far emergere i grandi imprenditori, quelli capaci di rialzarsi più velocemente degli altri. Io aggiungerei anche che, le crisi fanno emergere anche i piccoli imprenditori che hanno le idée giuste, e che le mettono in atto in un periodo come questo.

    La parola crisi nell’antica Grecia significava sia pericolo che decisione. Nell’antica Cina questa espressione era scritta con un doppio ideogramma dal duplice significato, pericolo e opportunità. Entrambi le affermazioni sono giuste. In un periodo di crisi, la maggior parte delle aziende, e quindi anche le cantine, cominciano a tagliare i costi di marketing (comunicazione, promozioni, pubblicita’, etc.etc.) perche’ sono quelli piu’ facili da tagliare, quelli piu’ immediati. Cosi’ facendo pero’ sbagliano. I costi da tagliare invece sono quelli strutturali. Bisogna ottimizzare i costi di produzione, distribuzione, gestione, etc. etc.

    Perche’ tagliare I costi di marketing e’ sbagliato? Semplicemente perche’ in un periodo di crisi le barriere in ingresso cadono tutte come birilli. Quasi tutti hanno paura (la paura e’ una reazione naturale), e preferiscono aspettare, resistere ad oltranza. Tale reazione e’ condivisibile quando il periodo di crisi e’ breve, ma in questo caso non lo sara’, e soprattutto non lo sara’ per le cantine. Quindi il mio personale consiglio per le cantine, e’ quello di reagire e darsi da fare, e non di aspettare. Perche’ quando la crisi sara’ passata ci saranno nuovi attori nel mercato del vino, con barriere in ingresso insormontabili soprattutto per le piccolo e medie cantine a conduzione familiare.

    Per quanto riguarda invece la vendita di vino on-line. Posso solo dire che non e’ economicamente vantaggiosa per un consumatore acquistare vini direttamente in azienda, a causa dei costi di spedizione. Quindi probabilmente la vendita on-line di tipo B2C, non sara’ mai soddisfacente per una cantina. Al contrario le vendite B2B prima o poi cresceranno e rappresenteranno una buona quota di fatturato per le cantine. E’ solo questione di tempo.

    Pero’ questo non vuol dire che le cantine non debbano dare l’opportunita’ ai consumatori di comprare direttamente. Infatti, tutte le cantine dovrebbero per esempio avere una specie di wine club sul proprio sito, e dare la possibilita’ ai consumatori di acquistare (una volta all’anno, in concomitanza della messa in commercio delle nuove annate, oppure per provare una verticale) confezioni di prova dei vini prodotti a prezzi realmente convenienti, incluse le spese di spedizione. Probabilmente la cantina non ci guadagnerebbe quasi niente, coprirebbe solo I cosi, ma sarebbe pero’ una pubblicita’ senza confronti.

  9. Grazie mille sia Gianpaolo per aver condiviso la sua esperienza che Fabio (e non solo perché mi ha dato ragione) per questi due ultimi interventi!
    Sono d’accordo con la distinzione che fa Fabio tra potenzialità della vendita online nel B2B rispetto al B2C.

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